Giovedì, 16 Aprile 2020 12:34

Covid-19: cosa succede alle "brand tribes"

 

aglaia team martino MARTINO A. L. SPREAFICO
Art Director | Brand Identity | UI/UX Designer 

 

La pandemia da corona virus ha senza ombra di dubbio “toccato” più strati, se non tutti, del nostro “esserci” nella società. La famiglia, il lavoro, la religione, la politica, i costumi, il linguaggio e così via: tutti elementi che compongono una società, una cultura. Non solo. Questi elementi sono stati toccati nella loro individualità, ma anche nella loro configurazione con gli altri. Toccando il tratto della “sopravvivenza“ fisiologica (il virus minaccia la nostra salute) viene modificata la sua configurazione con, per esempio, il lavoro (non possiamo stare vicini, dobbiamo mantenere la distanza, non possiamo viaggiare), quindi con il tratto economico (secondo la Goldman Sachs nel II trimestre il PIL in Europa calerà del 40%), quindi con il tratto della politica (cosa fare per gestire l’emergenza e la ripresa) e, infine (?), con il tratto della religione per chi ci crede (nell’incertezza aumenta il bisogno di volgere il proprio sguardo speranzoso verso un’ancora di salvezza, seppur trascendentale e intangibile).

 

Per questo suo carattere trasversale e impattante, la pandemia da coronavirus è sicuramente ciò che Marcel Mauss, antropologo francese della prima metà del ‘900, definirebbe un fatto-sociale-totale: “un sistema/insieme di discorsi (retoriche, dibattiti, teorie, dichiarazioni, opinioni, slogan, ecc.) e di pratiche (azioni politiche, divieti, controlli, prescrizioni, comportamenti, precauzioni, limitazioni, ecc.) che permea ogni aspetto della vita e delle interazioni sociali.” (M. Mauss, 1923).

 

È chiaro che ciò accade anche per i Brand. O meglio, accade per le “tribù” dei brand specialmente per quanto riguarda la sfera della virtualità (social media, forum, blog…) perché qui l’emozioni si accentuano, ci si prende qualche libertà in più e la pluralità delle identità che un individuo può produrre è potenzialmente infinita. Inoltre, per un brand, questa è un’opportunità per fare leva sulla situazione e cercare di rafforzare o “curare” la propria stabilità. Se considerassimo la Chiesa Cattolica, per esempio, come un brand, la benedizione urbi et orbi di qualche settimana fa ha avuto sicuramente questo scopo, questo interesse: fare leva sull’incertezza generata dal fatto-sociale-totale offrendo un riparo, una soluzione, confermando la sua forza con i sempre fedeli e catalizzando l’attenzione di pecorelle smarrite: “Perché avete paura, non avete ancora fede?”. In questi termini per un brand è di fondamentale importanza osservare e ascoltare come questo fatto-sociale-totale stia modificando/coinvolgendo la propria “tribù” e che risposte culturali questa adotta per far fronte all’incertezza che la pandemia sta provocando su più livelli (vedi incipit).

Vi portiamo alcuni esempi pratici. Con alcuni studenti dell’Istituto Europeo di Design di Milano stiamo conducendo diverse ricerche di analisi di alcune brand tribes da un punto di vista antropologico-culturale. Sta emergendo come le diverse comunità reagiscano in maniera peculiare all’impatto di questo fatto-sociale-totale sulla (fino a poco fa) stabile configurazione del loro gruppo, della loro cultura.

Per esempio, tra la tribù di un gruppo di biker succede che “Se dapprima infatti la configurazione della tribù era di tipo individualistico […] la situazione ha spinto verso una comunità fortemente controllata, che vede un forte rimprovero di ogni comportamento che il singolo o un gruppo di singoli compie contro la coscienza collettiva”. Questo succedeva quando in un primo momento il noto “spirito libero” dei piloti di moto non riusciva a costringersi nelle mura di casa e alcuni utenti condividevamo le loro fughe proibite sulle due ruote. Molto presto gli amministratori hanno rimproverato questi comportamenti con attività che prima non erano tipiche del gruppo: utenti bannati, cancellazioni di post, nuove regole comportamentali ecc. Questo ha trasformato il gruppo da una società di tipo organico (E. Durkheim, 1983) a una società di tipo meccanico (ibidem) cioè più rigida e controllata dove tutti devono rispettare le norme imposte e che non lo fa viene espulso.

Un altro dato interessante si può intuire leggendo ancora: “La maggior parte ne approfitta quindi per dedicarsi alla manutenzione della propria moto: piccoli o grandi lavori rinviati, pulizie e restyling trovano quindi spazio. Conseguenza diretta è l’incremento dell’utilizzo di e-commerce per procurarsi il materiale necessario senza dover uscire di casa.”

 

In un’altra ricerca riguardante TikTok, per esempio si può notare che

 

“la piattaforma parla di coronavirus in modo serio e attendibile, e lo fa con il suo linguaggio creativo, più affine al target della piattaforma e quindi più condivisibile”.

 

o ancora:

 

“It's Corona time è una clip audio-video a tema riutilizzata da quasi mezzo milione di persone, raccogliendo complessivamente centinaia di milioni di visualizzazioni diffondendo consigli sulla prevenzione della malattia”

 

Da questi semplici e brevi esempio possiamo dedurre alcuni insight interessanti. Dal caso delle moto possiamo intuire che il consumatore è un consumatore che, a discapito della sua vocazione da "easy rider" è capace di obbedire e non smette di consumare. Questo però significa che bisogna dargli l’opportunità di continuare a farlo, e possibilmente dargliela per primi. Vi abbiamo già detto quanto sia importante avere un e-commerce in questo periodo. Chi ha orecchie… Il caso di Tiktok invce ci fa capire che se vuoi comunicare il tuo messaggio è meglio se lo fai con un video e con il linguaggio corretto.

 

Andrà tutto bene ma andrà tutto diversamente. Sapere cosa succede oggi alla propria tribù ci permette capire cosa succederà domani.

 

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